Brixton, i Caraibi a sud di Londra

Ladies and Gentlemen, benvenuti a Brixton! Caleidoscopico quartiere appollaiato sul quadrante meridionale della capitale inglese, noto fino a poco tempo fa per i suoi avventurosi accadimenti (risse, omicidi, retate della polizia e altre divertenti situazioni), e oggi totalmente immerso nel “magico” frullatore della gentrification. In altre parole, succedono cose iperboliche e si icontrano personaggi mirabolanti. Gulliver è andato a verificare di persona e oggi può trionfalmente confermare: se avete in programma una gita a Londra, mezza giornata a Brixton è un must! P.S. Questo è il primo reportage interamente realizzato dal sottoscritto con uno smartphone…

 

Poco più di un anno fa, migliaia di persone con le lacrime agli occhi e candele in mano, si strinsero qui, nella stretta Tunstall Road. David Robert Jones, altrimenti noto come David Bowie, era appena passato a miglior vita e il quartiere in cui era nato e cresciuto, Brixton, gli rendeva un caloroso omaggio. Non esattamente nella strada in cui era venuto al mondo (Stansfield Road numero 40), ma davanti a un murale dell’australiano Jimmy C,  che ritraeva la popstar nel suo più celebre make-up, quello della cover dell’album Aladdin Sane (1973). Il murale è ormai asceso al ruolo di icona, con fiori freschi posati ogni giorno e una lastra in plexiglass a proteggerne la sacralità. Poco ma sicuro rimarrà qui a lungo, quale tappa imprescindibile della Londra pop. Bowie invece, restò nel quartiere sino all’età di sei anni, quando la sua famiglia decise di spostarsi nella più periferica Bromley.

 

 

Ma Bowie o non Bowie, Brixton con la musica è sempre andata d’accordo. In particolare con quella nera, perché neri e meravigliosamente fotogenici sono i suoi abitanti, o almeno buona parte di essi. I primi giunsero sin qui dalla Giamaica nel 1948, a bordo dell’MV Empire Windrush, ex nave da crociera tedesca divenuta bottino di guerra britannico. Inizialmente ospitati presso il rifugio antiaereo di Clapham South, i 492 immigranti dalle Indie Occidentali (o Caraibi), pensarono bene di spostarsi a Brixton, in quanto ospitava, in Coldharbour Lane, l’ufficio di collocamento più vicino. Definita la Windrush generation, quest’iniziale ondata migratoria rappresenta la pietra miliare  dell’odierno multiculturalismo londinese. Al punto che la grande piazza antistante la biblioteca del quartiere, porta oggi il nome di Windrush Square.

 

 

Nella stessa piazza si trovano oggi anche i Black Cultural Archives, gli archivi della cultura nera, ospitati in un moderno edificio vincitore nel 2015 dei New London Architecture awards, premio dedicato alle migliori nuove architetture londinesi. Vi si tengono mostre, convegni , lecture ed eventi legati alla cultura black; all’interno anche un biblioteca, un accogliente caffè e un piccolo ma fornito negozio di artigianato etnico di livello. Entrata libera, visita obbligata.

 

 

Ma torniamo alla musica! Con questo pezzo reggae risalente al 1969 di Dice the Boss: trattasi del primo primo disco made in Brixton che riporta nel titolo il nome del quartiere: Brixton Cat, Big And Fat. Ah… il vinile è sempre il vinile, persino su youtube.

 

 

Questa invece è un’altra storia, quella dei The Thirst, band amatissima nel quartiere e in attività a Brixton dal 2006 al 2016. Fortuna vuole che giusto qualche mese fa, me li sia trovati davanti all’uscita del metro, impegnati nella loro penultima esibizione live. Grazie al fido iphone sono riuscito a congelarne un paio di minuti: groove a manetta. E i più attenti noteranno sulla destra il murale dedicato a Bowie…

 

 

Se gli anni Settanta scivolarono su Brixton con relativa tranquillità, le due decadi successive splamarono questa fetta di Londra sulle prime pagine dei giornali. E non fu una bella cosa. Complice il progressivo deterioramento delle condizioni di vita nel quartiere, la tensione tra la comunità locale e le forze dell’ordine sfociò in scontri (anche a fuoco e con vittime) che non mancarono di assumere connotati razziali. Scontri che si ripeterono nella decade successiva per culminare – udite, udite – con una bomba piazzata dal neonazista David Copeland nel 1999 in Electric Avenue. Poi arrivò lei, la fatidica gentrification. Prima a piccoli passi, in sordina, senza dare nell’occhio… poi, sempre più rapida e inarrestabile. E Brixton non fu più la stessa.

 

Electric Avenue, via pedonale votata allo shopping.

 

Per analizzare il fenomeno non c’è luogo migliore del cuore pulsante di Brixton, il suo incredibile mercato. Ultrapolicromo, rumoroso, verace ed esotico, per dirlo in una parola: supercalifragilistichespiralidoso. Aperto tutti i giorni sia in configurazione open air sia al chiuso, è un’avvincente città nella città frequentata dalla perfetta sintesi della gentrification. Donne di colore dai fianchi sontuosi e avvolte in sgargianti tessuti afrostampati sfilano in compagnia di giovani hipster dalle barbe fustellate tra banchi di pesce, frutta, verdura, parrucche, casalinghi…

 

 

…e fin qui nulla di nuovo. Non fosse che da qualche tempo a questa parte, la sezione coperta del mercato ha indossato le vesti di una mecca dello street food. Decine di ristoranti e locali etnici (cinesi, indiani, colombiani, siciliani, giamaicani…) sono apparsi come funghi, affiancandosi a macellai e fruttivendoli e trasformando un market qualsiasi in un gastrosuk che a ora di pranzo raggiunge l’apice del fermento e del sollucchero.

 

 

Strano ma vero, tra i pionieri assoluti di questo trend, un italiano. Correva il 1985, quando Franco Pensa aprì nel Brixton market la prima pizzeria napoletana (si chiamava Eco) a Londra. Il calendario segnava invece il 2008 quando l’imprenditore Giuseppe Mascoli la rilevò, ribattezzandola Franco Manca in omaggio al precedente proprietario. Solitamente trascuro la cucina italiana all’estero, preferendo infilare il naso nei profumi locali, ma dopo mesi senza una pizza degna di questo nome, planare da Franco Manca e ordinare una margherita (al ragionevole prezzo di 6,40 sterline), è stato commovente. Provare per credere.

 

 

Tutto qui? Ma ci mancherebbe, suvvia. Dobbiamo ancora parlare di Pop Brixton, ad esempio, un villaggio di container sorto al 53 di Brixton Station Road. Innalzato nel 2015 e destinato a durare sino al 2018, Pop Brixton è una gran bella iniziativa della comunità locale per promuovere le imprese della zona, creare nuovi posti di lavoro e diffondere sapere. Già, perché all’interno del complesso, disposti su tre livelli, convivono decine tra ristoranti, negozi, start-up, botteghe di artigiani e studi di design, un barbiere, uno studio radiofonico e persino un orto urbano. Fanno parte del pacchetto eventi, workshop e una miriade di altre iniziative dedicate agli abitanti grandi e piccoli di Brixton e Lambeth (il secondo è il “borough” all’interno del quale è inserito il primo). Bello no?

 

L’entrata principale di Pop Brixton

 

 

Altro giro, altra corsa. Questa volta parliamo però di cibo per la mente, non per la panza. Se amate le pagine stampate non potete sbagliare: Book Mongers si trova al 439 di Coldharbour Lane ed è un invitante libreria dell’usato con tanto di comodo divano e annessa abat-jour, dove sedersi a sfogliare in santa pace. Arte, storia, letteratura, fotografia e un’immancabile sezione travel sono lì ad attendervi. Insieme a personaggi degni di Dylan Dog.

 

 

E ce n’è, naturalmente, anche per gli amanti della street-art. Saracinseche, muri, muretti, cancelli, non si butta via niente, quando si tratta di superfici da rigenerare. Qui siamo davanti al Dog Star (389 Coldharbour Lane), frequentato bar con dj set e menù a base di pizze cotte nel forno a legna (!).

 

 

Il grande murale della foto sottostante – Children At Play rappresenta una delle pietre miliari della street art targata Brixton. Si trova sul retro della Brixton Academy, in Stockwell Park Walk, fu commissionato dal consiglio comunale di Lambeth a Stephen Pusey nel 1982 e restaurato nel 2011 da Paul Butler. Il soggetto – bambini di ogni colore e razza che giocano insieme – la dice lunga su quanto il tema dell’integrazione fosse già allora rilevante a Brixton.

 

 

Yo! I loschi figuri nella gallery sottostante li potete trovare sulle saracinesche di Chipshop (Coldharbour Lane 378), locale con menù a base di pesce – ma non solo – e… hip-hop! Non inganni il punto esclamativo, non è affatto il genere musicale che prediligo. Ma qui a Brixton ci sta tutto.

 

 

Alla musica preferite il cinema? Soprattutto se in lingua originale, come avviene nei paesi normali? Bingo! Anzi, Ritzy! Tra i primi cinema aperti nel sud di Londra (1911), è ancora oggi in piena forma e di diritto tra le principali istituzioni del quartiere. Con cinque sale, due bar e un mix di titoli che spazia dalle mega-produzioni Hollywoodiane al cinema indipendente, non si può sbagliare.

 

 

E da Brixton per il momento è tutto, anche se ce ne sarebbe da dire… ah, quanto ce ne sarebbe! Ma a ogni cosa c’è un limite, anche ai megabyte disponibili nel mio server. Concludo con un fotogenico suggerimento, qualora foste vittima di un compulsivo desiderio di cocktail. Si chiama Turtle Bay Caribbean Restaurant & Bar e si trova al 382-384 di Brixton Road: i più critici sostengono che il cibo non sia autenticamente caraibico (anche se quei calamari fritti erano niente male), ma tutti convengono sia un ottimo locale dove passare una serata tra amici. Cheers!

 

 

info

sito ufficiale della città di Londra – www.visitlondon.com

sito ufficiale Ente del Turismo Britannico – www.visitbritain.com

 

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