Lembit Sarapuu è un signore di novantadue anni (Tallinn, 1930) che ricorda Babbo Natale nonché uno degli artisti contemporanei più noti in Estonia. Succede allora che il museo KUMU, la principale istituzione museale di Tallinn, gli stia dedicando una succosa mostra in programma fino al 18 settembre.
Nell’arte di Sarapuu c’è un po di tutto: naïf, transavanguardia, postmodernismo.. con qualche sprazzo – molto light – di realismo socialista. Ma fondamentalmente Sarapuu doveva essere e probabilmente ancora è – non avendo il piacere di conoscerlo posso solo intuire – un gran burlone che nella vita deve essersi divertito parecchio. Lo immagino svelare agli amici le sue opere, durante vernissage parecchio alcolici, probabilmente nel suo studio per non rischiare la deportazione in Siberia. O forse no, chi può dirlo. Di sicuro c’è che Sarapuu val la pena incontrarlo, almeno sotto forma di quadro, di mostra o di catalogo che dir si voglia. Io l’ho infilato nell’iphone… ed eccolo qua.
Ho dipinto ritratti, ma il ritratto non è la mia specialità. Si dice che un ritrattista debba penetrare il mondo interiore del soggetto. Considero questo inappropriato. Lasciamo che ognuno abbia la propria vita e il proprio mondo interiore. Non è carino invadere il mondo interiore di un’altra persona. Io dipingo quello che vedo.
Una casa di legno in fiamme. Triste ma vero questa è stata la prima immagine entrata nei miei ricordi di Tallinn. Correva l’estate 1996 ed ero appena sbarcato da uno di quei viaggi della speranza a bordo di un Ikrarus che solo chi ha percorso l’ex oltrecortina in quegli anni può capire. Non faccio che pochi passi per allontanarmi dalla stazione dei bus che mi trovo davanti una casa quasi identica a questa appena distrutta dalle fiamme. Allora accadeva più spesso, oggi per fortuna gli impianti elettrici non sono più quelli made in USSR e ci sono anche meno imbecilli che si addormentano con la sigaretta accesa in mano.
Il titolo originale dell’opera sottostante sarebbe “Minu leib”, che tradotto starebbe per “Il mio pane nero”. E qui scatta la piccola curiosità gastronomica: in Estonia il pane nero (di segale) e il pane bianco sono due cose molto diverse, e infatti hanno nomi diversi. “Leib” per il primo, e “sai” per il secondo.
Siamo ancora in epoca sovietica ma è evidente anche nell’arte come il mondo stesse irrimediabilmente cambiando. Questo “godzilla” ne è palese dimostrazione.
E poteva il covid non entrare nella storia dell’arte? Naturalmente interpretato alla maniera di Sarapuu.
E ultimo ma non ultimo… un autoritratto dell’artista. Risale al 1978 e dunque poco attuale ma… era l’unico esposto al KUMU. Prendere o lasciare.